Il vino “nemico” delle vongole
La cucina si evolve, ripartendo dal passato: il cuoco pensatore cerca il sapore del mare in purezza, ieri come oggi, forse lo ha sempre cercato. Il vino copre la sapidità della vongola…perchè il vino non è un’acidità pura.
Non contrasta, ma aggredisce. Non dà equilibrio. L’equilibrio nasce dal contrasto.
Un vino è acidità, dolcezza, note alcoliche, note tanniche, note sapide, note amare.
L’alta temperatura dell’olio, al pari dell’aggressività del vino non serve perchè “annebbia” il sapore puro del frutto di mare, quel sapore da ottenere nel massimo della potenzialità attraverso l’estrazione della sua acqua, per poi bilanciarlo con innesti di altri sapori figli della tradizione (prezzemolo, aglio, olio, pepe, peperoncino).
Sapori che rispecchiano il passato ma costruiti con temperature e strutture diverse rispetto ad un certo tipo di cucina che si ostina a ripetere sempre gli stessi passaggi senza chiedersi se sono corretti.
L’evoluzione non è moda, il bravo cuoco, il cuoco “pensatore”, attinge a piene mani dal passato e con gli stessi ingredienti della tradizione realizza un piatto 200 volte più intenso ed emozionale.
Ho letto diverse scuole di pensiero in questi mesi:
Frutti di mare sottovuoto nel roner (potrebbe starci ma al fine di uno stoccaggio e di una conservazione non di una preparazione immediata), e fin qui tutto bene, ma anche vino a go go, olio che scoppietta, sfiammate, aglio a chili, concentrato di pomodoro…
La cucina è semplicità. E la semplicità è sapore. Ma la semplicità è anche ragionamento.
E la chiave di una buona cucina è trovare la purezza del sapore ricavandola dalla qualità della materia prima, dalla sua corretta manipolazione e dalla sua conoscenza.
Perchè il piatto è un progetto! Sempre!
E c’è ancora chi afferma che il vino con la vongola serva perchè copre “il cattivo odore” della vongola non fresca o perchè regala acidità.
La vongola che “puzza” nel piatto non ce la mettete…
Oppure c’è chi afferma che il vino nella vongola serva a stemperare il forte sapore del mare per chi non ama il pesce!
Non sarebbe meglio allora cucinare la carne?
Il cuoco pensatore è capace di cucinare con gli stessi ingredienti che usano gli altri. Ma non offende la tradizione, bensì la esalta, con la ricerca, con la conoscenza.
Se tradizione vuol dire che tutti dobbiamo fare le stesse cose, pure palesemente errate, senza pensare…quella non è tradizione. Semmai è catena di montaggio.
Nella cucina evoluta la tradizione è ovunque. In ogni passaggio. In ogni azione frutto di logica. Un piatto evoluto “vive della tradizione”, e da essa parte per creare un nuovo percorso che esalta gli insegnamenti dei vecchi cuochi, riprende i concetti dei vecchi libri. Ma è anche capace di andare oltre, valorizzando all’ennesima potenza la materia prima. Non chiamatela rivisitazione! E’ un termine desueto, già vecchio. Chiamatela evoluzione ragionata. Per chi ha voglia di sperimentare, cercare nuovi accostamenti. Nuove emozioni di sapore. Partendo sempre dalla forza del passato!
Buona Cucina a tutti voi!
Zen Food Lab 2018!
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